di Antonio Rossello
Il percorso artistico di Ivan Cuvato rappresenta un'evoluzione affascinante e inusuale, un viaggio che si snoda dal rigore della figurazione tradizionale fino alle vette di un'espressione informale che non è solo gesto, ma filosofia e azione. La sua storia non è quella di una rottura, bensì di una progressione, una lenta e consapevole liberazione del segno e del colore.
La Grammatica del Segno: Dalle Basi al Linguaggio Personale
La critica spesso si concentra sull'aspetto informale e prorompente della sua opera, ma è fondamentale riconoscere le sue radici. Come sottolineato da De Chirico, Cuvato è un artista che «sa fare la punta al proprio lapis». La sua formazione non è un aneddoto, ma la solida base su cui poggia l'intera sua produzione. L'apprendistato presso maestri come Sabatelli e Salino, l'incontro giovanile con il sommo Picasso a Vallauris, le lezioni di Dangelo, Cherchi e Sassu: tutto questo non è stato solo un apprendimento tecnico, ma un'immersione nella grammatica e nella sintassi dell'arte. Questo bagaglio figurativo è l'esperienza che gli ha permesso di approdare all'Informale non per una mancanza di capacità, ma per una scelta espressiva consapevole.
Dal Caos Primigenio all'Ordine: L'Informale come Rinascita
La transizione dal figurativo all'Informale non è per Cuvato un abbandono, ma una sintesi. Le forme stilizzate umane, vegetali o animali che affiorano occasionalmente dalle sue tele sono la prova di questo legame indissolubile con la sua origine. Il colore, in questo nuovo linguaggio, diventa l'essenza stessa della sua arte: materia, soggetto e oggetto al contempo. Non è solo applicato, ma vive, si intreccia, si fonde, deborda dalla tela, invadendo persino le cornici in un gesto di gioiosa ribellione. Questo «tripudio di colori» non è un'esplosione caotica, ma un'energia controllata che, pur nella sua dinamica e nella rapidità del gesto, si ricompone in un «superiore equilibrio di masse e di volumi». L'artista riporta sulla tela gli «umori infuocati» dell'inconscio, sublimando il caos primigenio in armonia, la frammentarietà in globalità.
Dalla Performance alla Sociatria: L'Arte come Terapia Collettiva
La transizione di Cuvato dalla pittura su tela a una dimensione performativa è segnata da una crescente interazione con il pubblico. I titoli delle sue mostre, come «Il colore sono io», non sono solo dichiarazioni artistiche, ma atti di un'esperienza che si vuole condividere. L'artista si pone in un dialogo diretto e immediato, rompendo la distanza tra l'opera e l'osservatore.
Questa fase performativa diventa il terreno fertile per l'evoluzione successiva, la sociatria. L'arte non è più solo una forma di espressione, ma un mezzo terapeutico. Come un medico che cura un paziente, l'artista sociatrico usa il suo linguaggio visivo per affrontare i mali della società. L'atto di creare diventa un gesto di guarigione. L'energia e la vitalità dei colori di Cuvato non sono fini a se stessi, ma mirano a stimolare una reazione emotiva e psicologica nel pubblico, a ristabilire un equilibrio interiore e collettivo. In questo senso, l'arte è vista come un farmaco, un balsamo che lenisce l'alienazione e la frammentazione del mondo moderno.
Dalla Sociatria alla Sociurgia: L'Artista come Guida
Il salto dalla sociatria alla sociurgia rappresenta il culmine di questa evoluzione. Se nella sociatria l'artista si limita a «curare», nel passaggio alla sociurgia assume un ruolo più attivo e fondamentale: quello di guida e connettore. L'arte non si limita a intervenire sui sintomi, ma agisce sulla radice del problema, lavorando per unire e dare un senso di comunità.
Il termine sociurgia unisce l'idea di società a quella di lavoro o azione, indicando un'operazione attiva sulla comunità stessa. L'artista sociurgico non lavora per la comunità, ma con essa, usando il gesto creativo per creare ponti e connessioni. L'obiettivo non è solo curare le ferite sociali, ma indirizzare il gruppo verso la consapevolezza di una realtà unificata e interconnessa. La materia pittorica, l'energia del colore e la dinamica delle forme diventano metafore di questa unità, un linguaggio universale che trascende le differenze e invita all'armonia.
In sintesi, il percorso di Cuvato è una testimonianza di come l'arte possa trascendere il proprio scopo tradizionale: parte come gesto personale (figurativo), diventa dialogo performativo, si trasforma in terapia sociale (sociatria) e culmina in una vera e propria azione di coesione comunitaria (sociurgia). È la trasformazione da artista-terapeuta a artista-guida, un'evoluzione che rende la sua opera non solo esteticamente rilevante, ma profondamente etica e sociale.
Profilo Biografico di Ivan Pietro Cuvato
Nato a Gela (Caltanissetta) nel 1954, Ivan Cuvato si trasferisce giovanissimo in Liguria, stabilendosi ad Albisola, un luogo di grande tradizione ceramica e fervore artistico. La sua formazione è profondamente influenzata dalla frequentazione di maestri e botteghe d'arte, in particolare nella Valle del Sansobbìa, dove ha assimilato le lezioni di figure eminenti come Sabatelli, Salino, Sassu, Scanavino, Cherchi, e ha avuto l'opportunità di incontrare artisti di calibro internazionale come Picasso, Jorn e Lam.
La sua produzione artistica, che spazia dalla pittura informale alla scultura e alla ceramica, si distingue per una «vivace intuizione figurale e una creativa capacità di traslazione formale e cromatica dei contenuti» (S. Perdicaro). Le sue opere, esposte in mostre personali e collettive a livello nazionale e internazionale, riflettono una profonda cultura estetica e un desiderio costante di superare i linguaggi convenzionali.
Cuvato vive e lavora ad Albisola, continuando a esplorare l'arte come un «mezzo per indagare e comunicare», testimoniando con ogni sua opera la sua evoluzione da pittore a figura «sociurgica», capace di guidare attraverso il gesto artistico un'intera comunità.
Glossario
In questo contesto che si inseriscono i concetti di sociatria e sociurgia:
Sociatria: Dal greco società e cura, si riferisce all'arte come strumento terapeutico, capace di «curare» la società e i suoi mali. L'artista si pone come un terapeuta, che interviene per ristabilire l'equilibrio e promuovere il benessere collettivo attraverso la bellezza e l'espressione.
Sociurgia: Dal greco società e lavoro/azione, questo concetto eleva l'artista a un ruolo di guida. Non si limita a curare, ma opera attivamente per unire le persone, indirizzandole verso la consapevolezza di un ordine superiore, di un'unità che connette tutti gli esseri. L'arte diventa un'operazione di comunità, un gesto che salda e ricompone il tessuto sociale.
Lunedì 18 agosto 2025
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