di Antonio Rossello
Vorrei condividere con voi una riflessione dettata anche da una mia esperienza personale, che ha come oggetto le panchine dei giardini e delle piazze pubbliche delle nostre città.
Le panchine sono nate all’inizio del Settecento, venivano poste nei parchi privati dei nobili e solo all’inizio dell’Ottocento furono posizionate anche nei luoghi pubblici (piazza e giardini). Inizialmente esse erano costruite con un blocco di pietra, poi in ferro battuto, poi in legno e per ultimo in plastica. In questi secoli è cambiata la struttura di questo arredo urbano, ma lo scopo è rimasto sempre lo stesso: offrire un servizio a chiunque ne avesse bisogno.
Quando visitiamo una città quasi sempre poniamo attenzione ai monumento per capire meglio un certo periodo storico di un popolo, trascurando magari quello che è il vero biglietto da visita di una città, cioè la pulizie delle strade, dei giardini pubblici con le rispettive panchine, luoghi dove, a mio avviso, si racchiude la storia moderna, perché la storia dei monumenti fa parte di chi ci ha preceduto, mentre l’ordine e la pulizia sono frutto degli uomini di oggi.
Vorrei soffermarmi proprio sulla panchina dei giardini pubblici: è il luogo di accoglienza per tutte quelle persone che ne hanno bisogno, siano essi poveri o ricchi, compresi i turisti. Non credo vi sia stata una coppia che non abbia amoreggiato almeno una volta su una panchina pubblica, oppure una persona sola in cerca di compagnia o di un momento per leggere, scrivere o riflettere su problemi personali, oppure i nonni con i nipotini, per una sosta o per consumare la merenda, senza dimenticare che la panchina per i barboni rappresenta un hotel a 5 stelle. Alcuni benpensanti non pongono molta attenzione a questo problema che oggi è una piaga che si estende sempre di più anche in età giovanile.
A volte anche noi siamo un pò distratti da tutto ciò e passiamo con disinvoltura vicino a una panchina che ospita i -senza fissa dimora-.
Io non posso sapere cosa rappresenta per voi una panchina, ma vi racconto una storia che mi ha coinvolto in questo arredo urbano.
Era un pomeriggio dell’estate 1970 e mi trovavo nei giardini pubblici del lungomare della città di Taranto, il mio fisico in quel caldo pomeriggio richiedeva una pennichella e trovando una panchina all’ombra, mi ci sdraiai per riposare. Non ricordo quanto dormii, ma ricordo di essere stato svegliato da una voce femminile che mi chiamava, alzandomi vidi accanto a me una coppia con due figli che, con accento pugliese, mi chiedevano se avessi bisogno di qualcosa: probabilmente avevano pensato che fossi un barbone.
Dopo una breve chiacchierata con questa splendida famiglia offrii loro un gelato e li ringraziai per il loro gesto. Quindi ritornai sulla spiaggia raggiungendo i miei familiari. Quel giorno non pensavo certo di essere aiutato da una panchina che mi permise di dormire e nemmeno di avere un risveglio denso di umanità.
Vincenzo Punzo
Savona, 02/01/2011
Martedì 23 aprile 2019
© Riproduzione riservata
1276 visualizzazioni